E' risaputo come l'incomprensione
generazionale, nel divenire delle variazioni apportate dal tempo,
faccia parte della natura umana. Non mi riconoscevo molto in
certe idee o gusti dei genitori, figurarsi nella mentalità
e atteggiamenti dei nonni. Dunque spesso, anche se con rispetto,
non davo loro troppo retta, se non altro per partito preso. Infattii
pulcini diventano subito galletti anche se talvolta
finiscono capponi allo spiedo o galline da brodo, ma questo è altro
discorso.
Però strano, adesso che anch'io sono nonno, mi sento
più affine ai "miei vecchi" o ai matusa della Pesca a Mosca
che ai molti colleghi, cugini o nipoti del presente.
Per noi anziani l'esistenza, in equilibrio nel tempo che corre, non è
poi così facile, pressati come siamo dall'educazione ricevuta,
dalle convinzioni acquisite, passioni ed esperienze vissute
che ci rendono tuttora vivi e reattivi, come dalle realtà e
difficoltà correnti, insieme alle attuali tendenze o
prospettive future. Ci proviamo, ma qualcosa sempre sfugge o non
quadra. Quotidianamente dobbiamo fare i conti con le nostre
responsabilità e aspettative valutando il presente e
l'avvenire con un metro che sentiamo sempre più corto. Che
fatica!
Se a volte sembriamo critici, scorbutici o delusi, è dovuto alle
mentalità, comportamenti, o sensibilità che vediamo mutare
velocemente come le pubblicità a singhiozzo che snaturano un bel
film disturbando la trama e inquinando il lavoro, se non l'arte,
di chi lo ha realizzato.
Dicono che la civiltà sia in evoluzione, anche se a volte non
parrebbe, a prescindere da mirabolanti tecnologie che
mentre migliorano le macchine, sembrano appiattire o mortificare
diversi valori consolidati e principi emanati dall'umanità
quali ad esempio concetti del tipo di Liberté, Egalité,
Fraternité o dei dettami indicati nella nostra
Costituzione che più o meno mi è coetanea.
Insomma, i concetti e le norme sono lì, scritte e ben chiare, ma
ciascuno, ignorandole, o disattendendole per una pletora di
motivi, pare muoversi separatamente in un formicaio
convulso, scollegato, parlando lingue diverse come nella torre di
Babele.
Nelle masse paiono non esserci più individui, a volte nemmeno
persone, ma anonimi clienti, utenti, contribuenti,
consumatori, elettori, moltitudine, terreno di conquista da
convincere e attrarre in mille modi, in un appiattimento acritico
inquietante, mentre concetti, parole, pensieri in un batter di
ciglia percorrono l'etere impalpabile entrando nelle nostre
case e coscienze e talvolta la quantità sembra a decremento della
qualità.
Credo ci sia più calore e partecipazione in un suggerimento, o
parola meditata che possiamo scambiare con una persona che ci è
cara o vicina, di quanto ce ne possa essere in un messaggino
improvvisato in pochi secondi e sparato su face book in nome di
una "amicizia" virtuale e anche se impreziosito dagli emoticon.
Allora, sentendoci noi anziani un po’ contestati o trascurati, vado
pensando che esistono ancora comunità "primitive" dove il parere
dei veterani è tuttora considerato veicolo di
saggezza, esperienze, magari tradizione. Tuttavia, se “noi civili”
ipotizzassimo di assimilarci a costoro saremmo tacciati di
presunzione e non è il caso: del resto da tempo non siamo più
primitivi. E poi, sai quanti grilli parlanti sono
spiaccicati sui muri!
Quindi mi limito a condividere un personale sfogo quale
espressione di un qualsiasi bipede con gli stivali a coscia
o ascellari a prescindere dall'uso che ne verrà fatto.
Nell'arco di mezzo secolo la pesca a mosca è cambiata e in parte
si è trasformata: peccato, perché a mio parere - e per molti
aspetti - non certo in meglio, a dispetto di una collettività più
opulenta, acculturata, o se vogliamo meno "ignorante", con tanti
diplomati e laureati, con attrezzature più sofisticate ed efficienti,
anche se è un fatto che in molti hanno raccolto il
testimone con impegno, passione e competenza.
Per similitudine quello che ora intendo è un po’ quanto sta accadendo
anche alla nostra armoniosa lingua italiana, dalle
nobili discendenze latine, (tengo molto anche ad essa perché è sintesi
di una storia secolare, la nostra, e ci contraddistingue nel mondo) che
giorno dopo giorno viene violata con i tempi dei verbi
buttati a casaccio nelle frasi, roulette russe di
condizionali e congiuntivi, con infiltrazioni spesso volgari o
grossolane, con abbreviazioni da schedina , simboli grafici
e molti inquinanti per lo più nella lingua di Albione. Un
nuovo modo di comunicare che sin dalla nascita non ci appartiene e
spesso è difficile da capire, specialmente per noi ignoranti, vecchi e
matusa.
Certe pubblicità incomprensibili sussurrate in TV da una profumata voce
sensuale d'oltre Manica che sembra prospettare cose turche, lo
confermano.
Strano, come in un mondo in trasformazione anche la lingua
parlata o scritta rappresenti una similitudine con quanto
sta succedendo alla pesca a mosca: quella dal latino si era
trasformata nella lingua "volgare", poi nell'italiano più moderno e
adesso parrebbe scivolare in un volgare italiano anche un
po’ imbastardito come lo sono vari modi che fanno tendenza
per presentare a un pesce un artificiale più o meno
bizzarro.
La cosa della quale non mi capacito sta nel fatto che anziché tendere a
migliorare, e sì che i mezzi non ci mancano, si tende più facilmente a
scivolare nel banale, nel trasandato o approssimativo.
La globalizzazione sta forse per calderone o clonazione? Non credo, non
dovrebbe essere; penso che internet sia un veicolo di comunicazione,
informazioni e nozioni in tempo reale importante, ma da usare e
discernere con raziocinio e intelligenza oltre che con moderazione e
senso critico. Lo chiamiamo cervellone, ma a volte spara delle
emerite castronerie. Pare che il difficile stia proprio nel
selezionarle.
Del resto le mode "appiattiscono", rendono tutti simili, fanno "branco"
nel quale è più comodo adeguarsi e immedesimarsi per
riceverne consensi, mentre tolgono personalità e discernimento.
Poi mi viene anche da pensare che un branco, un gregge, di
norma è controllato e munto da un pastore. E mi pare ce ne siano
parecchi ed è sempre più un rischio.
Dunque più che essere, bisogna avere, più che vivere bisogna prevalere
o prevaricare, più che rigenerarsi pescando, bisogna catturare fin che
ce n'è, o quel che c'è. Avere, catturare, in una girandola esasperata
dove il fine giustifica i mezzi. E tutto il resto?
Ebbene, se tutto ciò è ambita modernità, per certi
versi ci vedo una rinuncia, un decadimento deleterio che toglie
peculiarità, con l'aggravante che la collettività nel suo insieme
pare indifferente, non accorgersene o essersi passivamente
assuefatta, come, ad esempio, continuando a mescolare i
tempi scorretti dei verbi … "spero che vieni" .
Si è forse più attuali usando una mosca bastarda di moda, o
esibendosi in inglesismi, o in "internettese " quale
espressione di pseudo cultura moderna, ma smarronando il
nostro collaudato, dotto italiano assunto insieme al latte materno o le
nozioni tecniche di una pesca antica??
Nella pesca a mosca mi pare avvenga la stessa cosa. Il
mulinello è diventato il mulo o il reel, e
poi la line, la rod, il net , il tip, il cast, che più che
abbreviazioni superflue sanno di un fatuo linguaggio di moda di
un clan in cerca di identità. Poi, in nome di questa,
mentre orgogliosi si inneggia alla "Pam
italiana", alla Scuola Italiana di Lancio, o all'Italian Style,
magari si pratica ed esalta la pesca cecoslovacca o quella
francese, o la giapponese, o altre stravaganze d'oltre frontiera.
Niente di peccaminoso, evidentemente ci piace essere poliglotti ,
o esterofili e ciò potrebbe, e sottolineo potrebbe,
rivelare incerte fondamenta alieutiche più di ponderate scelte e
insindacabili preferenze personali: ancora mode?
Del resto anche "la mosca" con la coda di topo la importammo,
accantonando frusta e valsesiana che in molti neppure
conoscevano. Allora era cosa nuova e bella, moderna, come i
caratteri da stampa di Gutemberg che hanno diffuso il sapere e buona
come i pomodori arrivati a noi grazie a Colombo.
In quella pratica c'era, c'è, ci dovrebbe essere un gesto tecnico non
banale, eleganza, rispetto, applicazione e conoscenze non
improvvisabili. Una pratica che attraverso piccole difficoltà ed
esperienze vissute sulla propria pelle incentiva una crescita sia
personale che della pesca in senso lato. Altrimenti dov'è il
"sugo"? Se fosse solo per fregare un piccolo pesce può essere
fatto anche in altri modi senza tante storie e complicazioni, salvo
poi essere definiti dagli stessi pam "toccaroli" o
"cestinari" con una venatura dispregiativa. Direi che l'ipocrisia ha
molte sfumature…. ed è difficile esserne immuni.
Per anni, per un lancio ben fatto, si è dibattuto sul polso si,
polso no, sul gomito attaccato al corpo o discosto, azione lenta o
veloce; ora pare basti stendere il braccio in un tutt'uno con la canna…
oppure aggiungere un galleggiante e chi s'è visto, s'è visto. Che
progresso!
E' un fatto che alcuni concetti fondamentali e modi
canonici ed eleganti (mi si passi il termine) di praticare la
pesca a mosca pian piano siano scivolati verso un lassismo che segnalo
sovente ritenendolo deleterio per il sistema, per le acque e la
coscienza degli stessi pescatori, tanto da conquistarmi il titolo di
polemista.
Immagino che qualcuno sbuffi, ma non posso, davvero non possiamo
assistere passivamente a certe storture, anche a rischio di fare
la fine del Savonarola.
Ad esempio, quando vedo pubblicizzati ed enfatizzati certi artificiali,
sia pure geniali strumenti da cattura, con palette, eliche,
gomme, pesi abnormi, falcetti, o siliconi spacciati per "mosche"
che hanno perso la loro identità di imitazione di un insetto, ma da
impiegare nella "pesca a mosca" in un rimescolio fra tocco, spinning o
passata, non capisco più chi siamo, cosa cerchiamo se non la
novità fine a sé stessa o un modo più facile, sciatto e
improvvisato di raccattare pesci. Sono aggeggi e trabiccoli che
inquinano quella tecnica gentile e l'impegno di tanti
maestri speso negli anni per la diffusione e crescita del sistema,
seguendo una traccia con limiti ben definiti che la
caratterizzavano e con un etico senso della misura.
Chiamamola pure tradizione, ma non si pensi che in quanto tale
anch'essa sia da rottamare perché non credo opportuno confondere la
presunzione con la capacità, o l'improvvisazione con
la conoscenza e neppure il pragmatismo con lo stile.
Allora mi domando a che pro? Per prendere sempre più pesci?
Certo, oggi è un po’ riduttivo, ma individualmente ci può stare,
o forse per una eterna ricerca insita nella natura umana, o per
ipotetico prestigio personale, o per vendere di più?
Tutto lecito, ma così facendo si snaturano le basi della pesca
con mosca, come se a forza di manipolazioni un
ciliegio finisse per produrre nespole. La mosca come il mais o il grano
transgenici? A chi conviene? Io propendo per il prodotto originale e
genuino e diffido delle imitazioni in offerta speciale anche se costano
meno. Una pesca DOC.
Tempo fa pensavo che la pesca a mosca avrebbe "elevato" i
pescatori : oggi sta accadendo che alcuni la mortifichino. Non è certo
l'evoluzione sperata.
Forse molti colleghi, non avendone vissuto le origini
e gli sviluppi, né percorso le molte tappe, si sono trovati di
fronte una pratica complessa e sollecitati da
esemplificazioni, insindacabili preferenze, compromessi, o
interessi, riadattandola a proprio uso e consumo possono
considerare questi pensieri critiche banali. Probabilmente lo
sono, ma casomai riferite alle modalità, mai alle persone, mentre
nelle intenzioni lo spirito è ben altro.
Il mio è solo il desiderio di veder salvaguardato quel "qualcosa"
che non è nato per caso, è stato cullato, amato, fatto
crescere, che è costato impegno e sacrificio, perfezionato,
diffuso da tante persone volenterose o autorevoli, sì
da creare nuove realtà (magari incluso anche chi legge) che è più
grande e migliore di noi tutti e al quale dobbiamo molto,
(entusiasmi, emozioni, scoperte, crescita, perfino sostentamento)
ma che talvolta viene distorto senza consapevolezza né -direi-
diritto; se per semplificazione, non conoscenza, pragmatismo,
ambizione o superficialità non saprei e comunque ha poca
importanza. Come la nostra bella lingua italiana, tanto per
tornare alla similitudine.
Le regole non piacciono, sono divenute un impiccio al libero
arbitrio; quelle non sanzionabili poi non lo sono
neppure più e anzi, alcune sembrano fatte per
essere
disattese. Non più regole, attenzioni, osservanza del come, ma
conta solamente il quanto e possibilmente in fretta, senza
troppo sforzo o sacrificio, mentre la pesca, e la mosca in
particolare, per antonomasia è riflessione, analisi,
applicazione, rispetto, modestia, tecnica, sintonia con quanto ci è
attorno e soprattutto mentalità adeguate.
Non basta, davvero penso non basti, la sola attrezzatura
anche se "firmata", anzi,…. a volte essa è prerogativa dei
"parvenu" un po’ gretti o cafoni dei film degli anni ottanta.
Però, comunque e a prescindere, ci consideriamo "sportivi" e talvolta
perfino una elite.
Non credo sia importante essere grandi pescatori, casomai pescatori grandi, anzi, meglio se "normali".
Poi si sa, sovente certi precetti vengono vissuti con
insofferenza e in questo precario equilibrio di auto
controllo fra l'essere, l'avere o l'apparire sta il nocciolo
della pesca con la mosca, di quanto le gira attorno, di chi la pratica
e come.
Non ne faccio colpe o critiche a chicchessia, anzi, mi
spenderei in un abbraccio collettivo perché ciascuno ha la
propria individualità o storia e se bazzica un fiume sicuramente
ha un fondo di belle positività e buona fede, ma mi viene da
pensare che magari, anziché formarsi frettolosamente
con le sole sintetiche nozioni telematiche si fosse frequentata
un'associazione di persone, pian, piano sarebbero stati
assorbiti anche altri dettagli e sfumature che talvolta
fanno la differenza, anche sostanziale.
La fretta fa i gattini cechi mentre le scale per il
Paradiso sono lunghe, non prevedono scorciatoie e vanno salite un
gradino alla volta badando a non inciampare. E tutti siamo in cammino.
Tuttavia, come il Maestro Manzi raccomandava a coloro che avevano ancora volontà di apprendere, "non è mai troppo tardi".
Allora proviamo per un attimo a fare mente locale sui Nomi che hanno diffuso la pesca a mosca in Italia dal dopo guerra a oggi.
Non ne azzardo alcuno, ma se non altro per rispetto e
gratitudine, un Pescatore a mosca dovrebbe conoscerli , (e qui farei
delle scommesse) come un liceale deve sapere chi erano
Dante o Manzoni avendoli letti e studiati. Ma fateci caso,
quasi tutti sono anziani o attempatelli e troppi se ne sono già
andati, lasciando campo libero a nuove improvvisazioni o
interpretazioni , tanto che le loro autorevoli voci ed esempi
cominciano a mancarci o essere dimenticati e disattesi.
Costoro sono e sono stati i nostri maestri, i testimoni di una
tradizione e diffusori di un "sapere nobile e
antico"; ci hanno indicato e spianato una via che altrimenti non
avremmo mai saputo imboccare. Siamo forse migliori per
disconoscerne l'esempio e gli insegnamenti?
Quanta presunzione in nome della modernità! Le rottamazioni non sempre portano miglioramenti.
Allora, come quella olimpica, c'è una nobile, antica fiamma da
accompagnare nel futuro perché altri pescatori ne traggano
beneficio e con loro forse la collettività: benvenuti i
nuovi volontari che ne sono e saranno i degni testimoni.
Mentre molti di noi, pescatori a mosca italiani,
sfoggiamo termini quali rod, river, fly, net ecc., i cugini
d'oltralpe, (mai avuto zie da quelle parti) esprimendosi nella loro
lingua madre dicono semplicemente canne, riviere, mouche, épuisette
ecc. Qualcosa vorrà dire, non vi pare?
Se ricordassimo chi siamo, da dove veniamo, in che lingua
mangiamo, se fossimo più fedeli e coerenti al sistema di pesca
che abbiamo liberamente scelto, la pesca con la mosca
artificiale, sì da esserne degni interpreti e ascoltassimo
con più attenzione e modestia solo il sussurrare del fiume e
dell'acqua che scorre… Quello sì che davvero è il nostro
linguaggio internazionale e della pesca a mosca che, pur pescando a
ninfa, o streamer è … "leggerezza ".
Pace e bene.